mercoledì 22 luglio 2009

Quel che ci viene chiesto e' una nuova era di responsabilita'



L'Italia è immersa in una notte profonda: le sue strutture sociali, economiche e istituzionali sono logorate. Il Paese è demoralizzato, il senso della sua civiltà è minacciato. Non saranno la speranza di consumare di più, o la maschera grottesca di un premier a trarci da una crisi che ci attraversa e ci supera per dimensione e profondità.
Il cambiamento è ancora possibile, ma occorre intervenire tempestivamente e con decisione. “ Nel profondo dell'inverno, quando possono sopravvivere solo la speranza e la virtù, ...la città e la campagna, allarmate da un pericolo comune, si sono unite per affrontarlo”. Così George Washington, nei giorni di Natale 1776, alla vigilia della battaglia di Trenton.
Quello che vogliamo offrire con queste nostre riflessioni, è la necessità, ma anche la possibilità, di una speranza/cambiamento di un progetto basato su una visione esigente della politica, che trova nella disillusione una delle maggiori forze culturali del nostro tempo, che ha un fratello che si chiama cinismo: insieme hanno una parte di fondamento nella realtà, nel senso che parte da alcuni fallimenti effettivamente registrati, ma li strumentalizza teorizzando l'impossibilità di qualsiasi cambiamento per difendere interessi precisi.
All'origine di quel cinismo vi è una fila interminabile di promesse non mantenute da una classe politica, che ha fatto crollare la fiducia nella possibilità di un senso etico nella vita pubblica.
La reazione è quella di chiedersi “perchè dovrei espormi io?”, col rischio di trovarsi fra le critiche dei compagni che non vogliono un cambiamento faticoso da gestire e l'indifferenza di vertici che non ci credono nemmeno loro.
Il solo modo per uscire da questa indifferenza è quello di guardare ai bisogni degli altri e non solo ai propri, perchè ciò che ci unisce è più forte di quel che ci separa e ricostruire il consenso su valori comuni di fondo, su una tensione al bene comune.
La demonizzazione reciproca può portare qualche vantaggio nel breve periodo, ma nel medio-lungo periodo può solo avvantaggiare la destra. La delusione di una massa sempre più grande di persone tradite da promesse non mantenute, può sfociare nella rabbia di centinaia di migliaia, di milioni di disoccupati, di cassaintegrati, di precari: l'autunno è ormai prossimo!
Una risposta “dottrinaria” e partigiana non è solo perdente, ma dà vita ad un equivoco dannoso: non si capisce cioè che la destra può permettersi questo tipo di scenario, in quanto avendo già un elettorato molto fidelizzato e poco incline al dubbio, può giocare sul terreno del cinismo dominante, che mette in difficoltà chi ha da proporre argomenti più complessi nel trovare nuovi equilibri fra l'individuo e la comunità.
Quel serve al Paese è una grande maggioranza di cittadini che si facciano coinvolgere in un progetto di rinnovamento nazionale e che pensino che il loro interesse sia indissolubilmente legato a quello degli altri.
Serve, dunque, una grande maggioranza e per questo, più che nuovi contenitori (alcuni sono già stati sperimentati e hanno funzionato, penso all'ULIVO!) servono nuove idee e nuove vie: -
 una politica energetica basata soprattutto su fonti rinnovabili
 una politica estera che esalti il multilateralismo e si faccia carico della difesa
dei diritti civili
 il rafforzamento del sistema educativo e di quello socio-sanitario, che guardi
con maggior attenzione alle fasce più deboli.
Vi sono centinaia di migliaia di italiani che sono alle prese con problemi concreti e che sono avvicinabili non con le appartenenze di partito ma sui problemi della casa o del lavoro, dei figli o della sicurezza nel loro quartiere.
Questi Italiani sono là e aspettano che qualcuno li “recuperi” a un progetto.

Negli Stati Uniti Barack Obama ci è riuscito e per farlo ha fatto appello a tutti gli Americani di buona volontà: “ Io vi chiedo di credere, di credere in voi stessi, l'uno nell'altro e nel futuro che possiamo costruire assieme. Insieme non possiamo fallire. Non ora. Non quando abbiamo una crisi da risolvere e un'economia da salvare. Non quando ci sono così tanti americani senza lavoro e senza casa. Non quando ci sono famiglie che non possono permettersi di vedere un medico, o di mandare i propri figli al college o di pagare le loro bollette alla fine del mese. Non quando c'è una generazione che sta contando su di noi perchè diamo a loro le stesse opportunità e le stesse chances che abbiamo avuto per noi stessi.”
Ora tocca a noi. Insieme, non possiamo fallire, ce lo chiedono milioni di Italiani.
Nel posto da cui provengo non c'è niente di più fondamentale del LAVORO, non solo come fonte di reddito, ma come ciò da cui nasce l'autostima.
Se noi vogliamo cambiare il modo in cui si è fatto finanza ed economia in questi anni, dobbiamo creare lavori ben pagati e non che siano sempre i lavoratori a pagare anche per chi evade e per chi succhia solo “il latte” dalla mucca senza alimentarla. Le sfide che abbiamo di fronte richiedono scelte dure e questo significa gettare via le idee logore e la politica del passato:
 una più equa politica fiscale per le fasce sociali più deboli e la classe media
 provvedimenti seri per l'occupazione
 la ricerca, l'istruzione, la sanità, l'assistenza, l'accesso alla casa.
Ma la verità è che nessuno di questi passaggi a breve assicurerà un futuro degno di essere vissuto. Si, dobbiamo assicurarci che la torta economica sia ripartita in modo più equo, ma dobbiamo fare anche in modo che quella torta economica sta crescendo. Dobbiamo dare un aiuto immediato alle famiglie che stanno lottando col quotidiano, ma abbiamo anche bisogno di un piano serio per creare nuovi posti di lavoro e nuove industrie.

Mentre il mondo continua ad evolversi e noi diventiamo sempre più legati l'uno all'altro, la globalizzazione continuerà a portare benefici e sconvolgimenti alle nostre vite. Ma in entrambi i casi è qui e non se ne andrà. Possiamo innalzare dei muri intorno a noi, possiamo guardarvi dentro, rispondere con paura e rabbia a questi sconvolgimenti. Ma è questo ciò che occorre fare e noi lo faremo.
Occorre costruire ponti sulle cose che ci dividono e di unirci in uno sforzo comune. Amici, non possiamo tornare indietro.
Non possiamo camminare da soli: abbiamo bisogno di stare insieme, di crescere insieme, di allargare il nostro orizzonte, di “sotterrare l'ascia di guerra” dello scontro fine a se stesso. Dobbiamo guardare con attenzione a quanto sta avvenendo intorno a noi....!
Riteniamo discriminante la difesa dell'assetto bipolare, fondato su un sistema maggioritario che dia al cittadino il potere di scegliere il governo del Paese prima delle elezioni sulla base di una proposta programmatica avanzata da un'alleanza politica omogenea.
“Forse le nostre sfide sono nuove. Gli strumenti con cui le affrontiamo forse sono nuovi. Ma i VALORI da cui dipende il nostro successo – lavoro duro e onestà, coraggio e lealtà, tolleranza e curiosità – tutto questo è antico. Quel che è necessario ora è un ritorno a queste verità”.

Dobbiamo fare nostro questo invito del Presidente Barack Obama, che era si rivolto ai Democratici americani, a tutti i cittadini degli Stati Uniti, ma che sono valide anche per noi, che quei VALORI abbiamo voluto nella nostra stessa “ragione sociale” e per la difesa dei quali ci siamo mobilitati.
Quale Paese, quale Italia vogliamo? Un'Italia migliore, in cui i concetti di responsabilità, di merito, di solidarietà e di comunità.
Non possiamo dire alla gente: “arrangiatevi”, dando magari una gomitata in faccia a quello che ti cammina a fianco se serve per salvarsi, per primeggiare, per apparire anziché essere !
Ognuno faccia la propria parte: questa è la nostra missione, è una missione per il Paese.

Torino, 21 luglio 2009 On. Renato cambursano

Nessun commento: