venerdì 28 agosto 2009

L'uomo e il capitale



Il lavoro umano deve prevalere sul capitale perché quest'ultimo è solo uno strumento e non un valore umano in sé. Nelle decisioni aziendali bisogna tener conto anche degli interessi dei lavoratori” : così Mons. Reinhard Marx arcivescovo di Monaco di Baviera, commentando l'ultima Enciclica di Benedetto XVI ”Caritas in Veritate”.
Parto da questa citazione per avviare un approccio “nuovo” al rapporto tra l'Uomo e il Capitale.
Credere che il Mercato sia capace di autoregolamentarsi, alla luce della crisi finanziaria che ha sconvolto il mondo, significa voler nascondere la testa nella sabbia. Mimetizzato in una Borsa che sta sorprendendo molti per ottimismo e buoni risultati, un nuovo potere, o meglio nuovi poteri, al plurale, visto che a ridisegnare le gerarchie di chi comanda sono più protagonisti: dietro le quinte di Wall Street e dopo la grande crisi sta emergendo un nuovo ordine finanziario, che non è necessariamente migliore di quello che lo aveva preceduto. Anzi: il nuovo assetto di potere somiglia a una foto del Politburo sovietico dopo una purga. Alcuni grandi del passato, come IndyMac, Bear Stearns e Lehman Brothers, sono defunte; altre, come Merrlil Lynch, Wachovia Bank e Washington Mutual, sono state assorbite da altre istituzioni, nella maggior parte dei casi con la benedizione della Casa Bianca e un sostanzioso finanziamento del Tesoro Statunitense. Adesso si piazzano la Goldman Sachs e la JP Morgan, due banche che hanno giocato un ruolo determinante nell'incrementare il livello di rischio degli investimenti azionari prima della recessione e che oggi – avendo le mani in pasta in tutte le transazioni di mercato – traggono beneficio dalle iniziative governative dirette a rilanciare l'economia del Paese. Le banche tradizionali come Morgan Stanley, la Barclays e la Bank of America-Merrill Lynch, sebbene ferite dalla stretta creditizia, riescono comunque a occupare un secondo livello di potere, mentre gli “zombie” - banche che sono insolventi ma che continuano a vivere grazie ai salvataggi governativi, si piazzano al fondo della piramide. Si tratta di istituti come Citigroup, Wells Fargo e Sun Trust Bank, che a dispetto dei profitti record registrati nell'ultimo trimestre sono ancora intossicati dall'enorme quantità di subprime presenti sui loro libri contabili.
Se Obama, che ha speso una buona parte del suo capitale politico per salvare la Borsa, si aspettava che dalla crisi sarebbe emerso un nuovo senso di consapevolezza finanziaria, beh si è sbagliato di grosso.
Il livello di rischio piuttosto che diminuire è cresciuto . E non solo perché adesso, sfruttando l'abolizione del Glaser-Steagall Act, le banche di investimento e le società di private equity come la Kkr, la Apollo Advisors e il Citadel Invesment Group possono intervenire in ambito bancario tradizionale, ma anche perché si é incrementata sensibilmente la velocità con la quale vengono completate le manovre speculative. Se prima si giocavano partite che avevano a che fare con la stesura di contratti speculativi come Credit Default Swaps (CDS) e Cdo, adesso la sfida si gioca sul filo dei millesecondi, 500 per esattezza , del “flash trading”, pratica che offre un ingiusto vantaggio ai trader istituzionali, permettendo loro di manipolare il mercato; e nel territorio misterioso delle “dark pool”, che consentono agli operatori di liberarsi di azioni che si stanno muovendo al ribasso senza esporsi a manovre di shortselling e evitando di soffrire perdite, interferendo così con le dinamiche di mercato. A dirlo é William Cohan ex dirigente della Chase Manhattan ( e autore del bestseller “House of Cards. A Tale of Hubris and Wretched Excess on Wall Street” ), e a confermarlo é Robert Garfield, Ceo del Nasdaq, in una lettera indirizzata a Mary Schapiro, nuovo presidente della SEC: “sono stratagemmi che mi preoccupano. Ho chiesto ai miei agenti di studiare un modo per porre fine immediatamente a dark pool e flash trading”. Ma la misura annunciata ha il sapore di quelle che si prendono quando i buoi sono scappati dalla stalla.....!
Quindi, pare proprio che ci risiamo: la grave crisi finanziaria non ha insegnato gran che e le conseguenze stanno abbattendosi pesantemente sull'occupazione, cioè sull'Uomo e sulla Famiglia.
La condizione dell'uomo della strada, a differenza di quella dell'industria e della finanza, continua a peggiorare. Le sue prospettive non sono incoraggianti: lo sta dimostrando il calo dei consumi a cui minaccia di sommarsi una graduale deflazione. Per i meno abbienti, il peggio non è passato, potrebbe dover ancora venire.
Hanno dato l'allarme i dati sulla povertà, in crescita non soltanto in Italia, anche se da noi il fenomeno è più grave che altrove: i ricchi sono diventati più ricchi ed i poveri sempre più poveri.
Non è questione solo dei disoccupati, ma anche dei “working poor”, i poveri che lavorano a salari e stipendi decrescenti, i precari, i “part timers” e così via. Nel 2010 e negli anni successivi, la crisi rischia di accentuarlo: non è escluso che la percentuale della gente che vive in semipovertà salga dall'attuale 13%. Una situazione inaccettabile.
Nell'incipiente convalescenza dell'economia globale di questa piaga non si parla. Al contrario, si discute di come conferire mobilità al mondo del lavoro, ossia di dare ai manager licenza di tagliare le paghe, esportare impieghi e licenziare i dipendenti per aumentare la produttività delle aziende e rilanciare l'economia globale. E' innegabile che in casi disperati queste misure possano essere necessarie alla sopravvivenza dell'impresa, ma più spesso vengono adottate in nome di un maggiore profitto. Va anche detto che i più accesi critici della “immobilità” del mondo del lavoro, quelli che vorrebbero deregolamentarlo, sono gli stessi che deregolamentarono la finanza trascinandola nel baratro.
Se l'avessero vinta, il mondo andrebbe incontro a una tragedia umanitaria.
La convalescenza dell'economia globale deve premiare, non penalizzare l'uomo della strada. Deve creare nuovi posti di lavoro, inquadrare i precari, condurre a salari e stipendi dignitosi, ridurre la sperequazione e ridistribuire la ricchezza.
E' quello che Barack Obama tenta di fare in America con la riforma del sistema sanitario, con il piano di sviluppo delle energie alternative e con i lavori pubblici. E che il governo Berlusconi dovrebbe tentare di fare in Italia.
E' falso che sia una missione impossibile, un miraggio, come sostengono i profeti delle deregolamentazioni. Lo fece il presidente Roosevelt nella lunga convalescenza economica, un decennio, dopo la grande depressione. Fu così che l'America diventò una superpotenza: regolamentando l'industria e la finanza e dando vita al ceto medio.
Un anno fa, quando ricevettero miliardi di dollari dallo Stato, le banche americane sull'orlo del dissesto promisero di “restituire qualcosa alle imprese e alle famiglie”. Non solo non hanno restituito nulla, pur essendo ritornate a registrare utili vertiginosi ( e a versare premi d'oro ai manager). Hanno anche semiparalizzato il credito alle une e alle altre, una delle cause del ritardo della ripresa dell'economia. Roosevelt usò con loro il pugno di ferro, non il guanto di velluto. Numerosi manager bancarottieri finirono in carcere e pur di uscirne accettarono che il presidente regolamentasse i mercati, e abbracciarono la causa dell'uomo della strada. Una lezione purtroppo dimenticata.
Se da un lato c'è la consapevolezza degli effetti della crisi, dall'altro la tentazione di sminuirne il rischio è forte e si riprende la corsa dal punto in cui la si è interrotta.
Da noi è ancora peggio: si glissa sui problemi, se ne rimanda sine die la risoluzione, si pensa al presente e non al futuro.
La crisi è stata ed è dura. Certamente la più dura che le nostre generazioni abbiano mai conosciuto, la più violenta e invasiva nelle sue conseguenze sulla società e sull'economia reale. Affermarlo non è disfattismo. Né richiamarne la gravità significa farsi trascinare dal pessimismo. E' piuttosto l'atteggiamento contrario quello che affonda il Paese: minimizzare, ridimensionare, parlare d'altro. Invece solo uno scossone, un forte sussulto possono sbloccarlo.
La crisi fa capire fino in fondo come in Italia sia saltato il rapporto tra lavoro e rendita e quanto sia urgente e giusto dare sostegno al lavoro e alla creazione di valore, penalizzando la rendita. Un passivo è un debito che va rimborsato. Che costa. Sempre. E la finanza creativa potrebbe trasformarlo in un attivo. E' quello che si è preteso di fare in questi anni di cartolarizzazioni e di trasformazioni finanziarie. C'è poi il valore del fattore tempo: ci rendiamo conto troppo tardi di quanto sia strategico assumere una decisione nel momento giusto e quanto possa costare prenderla in un momento sbagliato: per esempio l'eliminazione dell'I.C.I. e l'affair Alitalia...!
La crisi denuncia un'evidenza: il futuro conta più del presente. Pensiamo alle radici della crisi. Essa nasce attorno ai mutui, ai debiti e al cosiddetto “effetto leva”. A carico delle famiglie portati al 120%, comprendenti, dunque, tutto il valore della casa, i mobili e anche la macchina. Per le imprese la leva del debito spinta fino ad un rapporto di 1 a 20. Per di più con l'effetto moltiplicatore che ha portato tante volte quei 20 a essere usati per ottenere, da un altro soggetto creditizio, 200 e così via. Fino a giungere, dopo quattro o cinque passaggi, da un 1 iniziale di soldi veri, a un 1.000 finale di soldi finti.
Il debito, quindi. Il cuore di tutto. E con un debito soggetto a queste impennate schizofreniche, il presente si è mangiato il futuro.
Ma oggi abbiamo l'occasione per prenderne atto e cambiare. Non coglierla sarebbe un gravissimo peccato di omissione. Cosa impedisce, per esempio, di adottare regole stringenti per evitare che la leva del debito superi il rapporto di 1 a 6-7 ? Sarebbe puro buon senso applicarla subito qui in Italia e farla applicare in Europa. Ma oggi l'Europa politica non c'è: avevamo sognato un'altra Europa. Ci sarebbe bisogno di un'altra Europa.
In Italia si è scelto di attendere e scommettere sul nuovo corso dell'amministrazione americana e le scelte della Germania. Un po' poco! Specie in considerazione del fatto che dopo la crisi, niente sarà più come prima. per la finanza e per l'economia reale. La crisi ci può consegnare due modelli diversi di Italia: un Paese deindustrializzato oppure uno che rilancia su basi nuove la propria vocazione industriale. Dobbiamo evitare il primo scenario e lavorare per il secondo. L'effetto deprimente, in termini di licenziamenti, cassa integrazione e ridimensionamento dei siti produttivi, è già visibile. Le difficoltà si allargano a macchia d'olio con una rapidità sorprendente, spesso senza che se ne possa cogliere fino in fondo la gravità se non quando gli effetti sono devastanti ed i danni irrecuperabili.
I lavoratori entrano così nella spirale delle difficoltà e, in assenza di adeguati strumenti di protezione sociale, perdono fiducia. Accanto a loro un popolo di imprenditori medi e piccoli che sono di fronte all'aut-aut più pesante: chiudere prima di perdere tutto e riciclarsi con le rendite disponibili; oppure tenere duro.
Il rischio di deindustrializzazione è alto.
La rendita si è sostituita al lavoro, il denaro alla merce, la speculazione alla creatività. Il breve termine ha prevalso sul lungo termine. L'indebitamento sul capitale reale. I simboli della ricchezza sulla ricchezza vera e propria , quella basata sulla creazione di valore. Così il capitalismo è stato pervertito dalla finanziarizzazione. E il sistema è saltato, condannandoci ora al cambiamento.
Intanto il problema più urgente è per chi il lavoro non ce l'ha o lo perde. Un problema potenzialmente devastante per un Paese che solo di recente, col Protocollo sul Welfare negoziato da Romano Prodi nel luglio 2007 ha iniziato un percorso di riforma e di rafforzamento degli ammortizzatori sociali. Occorre riprenderlo con urgenza: la difesa del lavoro non può ridursi alla vecchia cassa integrazione e alla cassa in deroga. Serve molto di più. Servono ammortizzatori sociali universali, nuovi meccanismi di salario d'ingresso, forme straordinarie di incentivazione a favore dell'occupazione femminile, nuovi contratti di solidarietà. Tutto questo a difesa del lavoro che c'è e che non va assolutamente perso. A seguire viene il resto, compresa l'applicazione del nuovo modello contrattuale basato sul rafforzamento del salario di produttività.
Di fronte alla crisi che viviamo, la tentazione sembra essere quella di ritornare all'eterna dialettica tra Stato e mercato, riesumando una presunta supremazia del primo di fronte ai fallimenti del secondo. Non è vero che la situazione attuale è il prodotto solo dei fallimenti del mercato. A ben vedere buona parte del dissesto della finanza globale affonda le sue radici nell'incapacità dello Stato di fare fino in fondo il proprio dovere, regolando e governando gli avvenimenti che hanno trasformato il mondo. Gli Stati non hanno tenuto il passo della globalizzazione. E ciò proprio mentre l'economia e la finanza internazionale si integravano a ritmi rapidissimi. La globalizzazione delle istituzioni non c'è stata.
Ma torniamo al lavoro, il cuore della crisi. Oggi nel nostro Paese convivono due mondi distinti. Quello dei garantiti, dei lavoratori stabili coperti da un welfare modellato a uso e consumo del maschio italiano di mezza età. E quello dei precari, dei giovani, degli immigrati, degli over 50 usciti anzitempo dal mercato del lavoro. Sono loro i nuovi “invisibili”, tutti rimasti fuori da una cittadella dei diritti sempre più settaria ed esclusiva. Una politica veramente riformista deve avvicinare le generazioni e deve unire questi due mondi. Più nell'immediato c'è l'obbligo di occuparsi di chi queste disuguaglianze di reddito e mobilità sociale le subisce, ogni giorno, sulla propria pelle. Di chi sta perdendo o perderà il lavoro di qui a poco e non potrà confidare nella rete di salvataggio di un sistema di salvataggio di un sistema di ammortizzatori sociali. Di chi fa i conti con una busta paga che non basta mai e si trova sfiduciato, senza riuscire neanche solo a immaginare un futuro migliore, per se stesso e per i propri figli.
Il nostro Paese ha bisogno di politiche forti per aumentare la buona occupazione e contrastare la precarietà del lavoro, di interventi per l'integrazione sociale, per la famiglia, per la casa. L'attuale composizione della spesa sociale, però, non consente questi interventi. Il welfare italiano non funziona anche perché è squilibrato . Due soli voci, le pensioni e la sanità, divorano oltre l'87% del totale della spesa sociale, divorano le risorse per le politiche sociali, per l'assistenza dei non autosufficienti, per il miglioramento dei servizi di cura. Questo modello di welfare è destinato a esaurirsi, soprattutto alla luce dell'invecchiamento della popolazione italiana e dell'incremento della spesa sanitaria, inevitabile per via dell'aumento della speranza di vita. Come potremmo contrastare il crollo del tasso di natalità a costi zero, senza cioè un serio investimento per la famiglia?
Qualcuno dice che la globalizzazione ci ha incastrato. La verità che ci siamo lasciati incastrare dalla globalizzazione, non abbiamo saputo governarla. Così mentre le trasformazioni mondiali obbligavano tutti a cambiare passo, noi non abbiamo avuto la forza o la lucidità per farlo. Abbiamo preferito aggirare gli ostacoli, pensando solo al presente. E il futuro di allora – cioè il presente di oggi – ci ha portato il conto.
Eravamo una società che invecchiava già molto rapidamente?. Non solo non abbiamo invertito la tendenza, l'abbiamo accentuata.
Eravamo un Paese diviso tra Nord e Sud? Questo enorme divario invece di restringersi, com'è accaduto in altri Paesi europei caratterizzati da forti squilibri territoriali, è andato via via ampliandosi.
Avevamo una società organizzata per classi, senza “ascensori “ sociali per far salire, indipendentemente dalle origini, i più bravi e i più volenterosi? Ebbene oggi viviamo in un Paese ancora bloccato, con profondissime disuguaglianze, dove la mancanza di mobilità sociale e l'incapacità di far prevalere il merito sull'estrazione familiare o corporativa sono diventate quasi proverbiali e spesso drammaticamente tollerate.
Oggi abbiamo una grande occasione. La storia ci regala un'ultima opportunità: abbiamo assistito all'affondamento del capitalismo vorace nato all'insegna della deregolamentazione estrema e speriamo anche nel tramonto dello strapotere della finanza. Al centro dobbiamo riportare la Persona e il Lavoro.
In cima all'agenda mondiale ci deve essere la rifondazione del capitalismo sulla base di nuove regole.
La crisi deve diventare per noi un'ossessione, l'obbiettivo sul quale concentrare tutto il nostro impegno. Il resto è secondario e solo funzionale a un progetto più alto.
Dobbiamo mettere l'orecchio a terra, ascoltare più che parlare. Ascoltare anche chi non fa parte della nostra stretta cerchia. Significa stare alla larga il più possibile dai “luoghi protetti”: quelli in cui ti contorni solo dei tuoi.

On. Renato Cambursano

martedì 25 agosto 2009

Lettera di Salvatore Borsellino


Cari amici,
vi giro la lettera di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, magistrato ucciso dalla mafia il 17 luglio del 1992. Egli vuole lanciare il suo allarme contro gli imfami e traditori dello Stato. Chiede di continuare la battaglia in favore della giustizia per avere la verità su suo fratello e per riaffermare la legalità nel nostro paese.
Non possiamo rimanere fermi e stare a guardare mentre la mafia ci prende la nostra vita ed il nostro futuro.
Non possiamo lasciare soli chi ancora oggi combatte ancora per difendere l'onore del nostro paese.

Lorenzo Rebecchi

"Caro Lorenzo, ti do il benvenuto tra i miei compagni di lotta per la VERITA'e per la GIUSTIZIA.
Da ogni parte mi stanno chiedendo di organizzare a Settembre una grande manifestazione a Roma.
Non dobbiamo dare tregua agli assassini ed ai loro complici. Dobbiamo farla di Sabato, in un giorno non lavorativo, Roma è il punto più facile da raggiungere da ogni parte d'Italia e dovremo esserci tutti, da Milano, da Palermo, da Napoli, dalle Marche, dall'Emilia, da ogni parte d'Italia.
La data che ho indivduato per questa manifestazione che sarà la continuazione ideale di quella che abbiamo fatto il 20 luglio davanti al palazzo di Giustizia in sostegno di quei magistrati che, a rischio della propria vita, stanno combattendo per arrivare alla Verità sulle stragi del '92 e del '93 è il 26 Settembre.
Ci saremo tutti, tutti quelli che abbiamo salito sotto il sole le rampe che portano al Castello Utveggio portando un pezzo di Paolo dentro il nostro cuore, tutti quelli che eravamo in Via D'Amelio quando all'ora della strage per un interminabile minuto si sono sentiti solo i battiti dei nostri cuori, tutti quelli che abbiamo percorso le vie di palermo che ci portavano alla Magione levando in alto le nostra agende rosse e tutti quelli che abbiamo gridato la nostra rabbia e la nostra voglia di Verità davanti al palazzo di Giustizia. E ci saranno tanti altri ancora, tutti quelli che in tante piazze d'Italia hanno urlato insieme a noi e avremo ancora in mano la nostra agenda rossa, un'agenda rossa che ora fa paura a tutti. Mobilitiamoci tutti, ognuno di noi si impegni a far venire quante altre persone può, in una catena che non deve avere fine.Adesso hanno paura e si stanno muovendo, cominciano a muovere le loro pedine, Rutelli, Violante, il PG Barcellona, noi dobbiamo agire più rapidamente di loro, impedire che fermino Sergio Lari, Antonio Ingroja, Nino Di Matteo, non lasciamoli soli, impediamo che chiudano la bocca a Massimo Ciancimino, che si muova il CSM, facciamogli capire che dovranno passare sui nostri corpi, che dopo 17 anni non ci lasceremo strappare ancora una volta la verità. Il nostro grido di RRRESISTENZAAAAA deve essere un urlo nelle loro orecchie, un urlo gridato da vicino, sotto le finestre di quei palazzi in cui sono in tanti a sapere ed ad avere occultato la verità. Il 19 luglio in via d'Amelio abbiamo fatto scoccare la scintilla, ora è necessario l'incendio".

Salvarore Borsellino

lunedì 24 agosto 2009

Escort e festini, non è Berlusconi il vero scandalo


Berlusconi ha rapporti con escort, Berlusconi frequenta minorenni, Berlusconi nega, Berlusconi ammette, poi smentisce... e allora? Che c'è di male? Cosa c'è di scandaloso nel suo comportamento? Niente. Il premier ha potere, il premier fa ciò che gli pare. Uno scandalo in realtà esiste, ma non lo riguarda, come invece i comunisti e certa stampa di sinistra -sempre loro- ci fanno credere. Non è uno scandalo che il premier passi le notti con prostitute, ma è uno scandalo che i media nazionali, nonostante abbiano tra le mani prove inconfutabili, non ne parlino. Sono scandalose le imbarazzanti omissioni di Tg1 e Tg5, la paura della stampa di evidenziare come il presidente del consiglio menta ai suoi stessi elettori. La situazione è paradossale, per conoscere le vicende di un personaggio pubblico italiano, bisogna seguire i tg esteri: anni fa, la tv italiana ha raccontato nei dettagli le vicenda Clinton e Lewinsky, ora la stessa tv liquida le vicenda Berlusconi e D'Addario come semplice “gossip”o “vita privata”. Ma il paradosso più grande è all'interno del suo stesso partito: mentre i vertici del Pdl negano, Berlusconi dice “non sono un santo”, Bondi dice che a Villa Certosa “ci sono solo famigliole”, Berluconi dice “a casa mia non ci sono soltanto veline”. Ma proprio qui sta la forza del premier, il suo illimitato potere su tutti i suoi uomini, in grado di difenderlo sempre e comunque. Se al posto di Berlusconi ci fosse Veltroni, come reagirebbero i vertici del Pd? Quali sarebbero le mosse dei vari D'Alema e Bersani? E i servizi del Tg1? Cosa pensano, davvero, i militanti del Pdl che promuovono il family day, che combattono la prostituzione? Vietato pensare, di questo se ne occupa il padrone, si deve solo obbedire. Ecco lo scandalo. Vale per tutti, anche a Novara. Gaetano Nastri -deputato Pdl- insegna: “Per me, quello che dice Berlusconi va sempre bene”.

Davide Muscarà
"Novaraoggi"

lunedì 10 agosto 2009

L'energia nucleare è utile e serve a chi?


Dobbiamo capire come l'energia è necessaria durante la giornata e durante l'anno. L'energia elettrica viene usata prevalentemente durante le ore diurne e in misura ridotta (un quarto del totale) durante la notte.
Nei giorni festivi l'uso dell'energia è inferiore rispetto ai giorni lavorativi. Dovremmo avere un'energia utilizzabile con il telecomando, da attivare solo quando ci serve. Le diverse energie vengono erogate in modi diversi (in continuo oppure a
intermittenza) e quindi possono essere usate in modo diverso. Il solare è prodotto durante il periodo di luce, quindi dal mattino fino alla sera. L'eolico è prodotto
durante il periodo di vento che può variare durante il giorno e durante l'anno,
ma rimane quasi costante per tutto l'anno.
L'idroelettrico dipende dal quantitativo di acqua accumulata e può essere regolato lentamente e in parte durante la giornata. Il termoelettrico (turbine a vapore prevalentemente) usa carbone, olio, gas, biomassa, e può essere acceso o spento dopo molte ore, anche un giorno, quindi funziona in modo continuo senza una possibile regolazione istantanea.
Il turbogas, è un sistema di supporto alle centrali termoelettriche (insieme al termoelettrico prendono il nome di ciclo combinato) e può essere acceso, spento e
regolato in pochi minuti; infatti è usato nei momenti di richiesta di punta nella
giornata e spento durante la notte (la sola turbina a gas ha un rendimento basso se usata da sola). L'energia delle maree può essere usata in modo continuo durante il giorno e durante tutto l'anno. Il geotermico funziona in modo continuo durante tutto il giorno e durante tutto l'anno, senza produrre scarichi in atmosfera. Infine l'energia nucleare che può essere usata solo in modo continuo, infatti non si può accendere e spegnere in un instante o regolare l'erogazione di energia durante la giornata.
Proprio la regolazione è un elemento fondamentale per la scelta di un sistema, anche nel caso di un sistema energetico. Un esempio è dato dal motore dell'automobile e dal cambio di velocità (le marce), dal semplice fornello delle cucine di casa, dal calore del phon, dalla velocità della centrifuga della lavatrice, ecc.
Quindi l'energia termoelettrica (riscaldamento di acqua, creazione di vapore e
rotazione di turbine) e l'energia nucleare (simile alla termoelettrica ma con minore
sicurezza) dovrebbe essere al massimo quella usata nel periodo notturno, altrimenti andrebbe persa (come riscaldare una casa con le finestra aperte).
Le percentuali statistiche indicano che in Italia ci serve quasi un kilowatt per ogni abitante durante il giorno e un quarto di kilowatt durante la notte. Quindi le energie erogate in modo continuo (termoelettrica, nucleare, geotermico, eolico) dovrebbero essere al massimo un quarto di tutta l'energia prodotta.
Se vogliamo le centrali nucleari, dovremmo chiudere le classiche centrali termoelettriche e non penso che sia economico.
Inoltre il risparmio energetico in atto, soprattutto nei motori ad alta efficienza, gli elettrodomestici in classe A+ e successivi miglioramenti, l'illuminazione a
lampade elettroniche in classe A e le migliori a led, porteranno fra qualche anno a una richiesta inferiore di energia procapite (circa mezzo kilowatt).
Quindi i settori da sviluppare sono il solare, l'eolico e il geotermico, che
garantiscono un impatto quasi nullo sull'ambiente e possono essere distribuiti anche ai privati.
La distribuzione ai privati e in piccoli impianti è fondamentale anche dal punto di vista strategico e militare, per non avere poche grandi centrali che diventerebbero un facile bersaglio in caso di un conflitto.
L'utilità personale c'è quando si può disporre personalmente del sistema di produzione e di gestione. La similitudine la si può fare tra la qualità di vita in un appartamento e in una casa singola. L'energia nucleare con grandi impianti,
impedisce al singolo cittadino e alla singola famiglia di essere proprietario dell'energia che è diventata una fonte importante per la propria vita.

Giovanni Colangelo
Responsabile cittadino Idv
Besnate (Va)
31 Luglio 2009 Orizzonti nuovi

sabato 8 agosto 2009

Un Parlamento da Regina Coeli



La riforma elettorale promossa nel dicembre 2005 dal leghista Roberto Calderoli, supportata dal governo Berlusconi III, mostra senza veli, nel 2009, la sua vera natura. Negando la liberta' d'espressione del cittadino, privato del voto di preferenza, si tratta infatti di una legge che e' linfa vitale per la casta politica.
L’inquietante interrogativo che si pone oggi pensando alle istituzioni è: chi siede in Parlamento e nel Governo? A scegliere mille parlamentari, ministri e sottosegretari, attualmente, sono cinque persone, chi più, chi meno: i segretari di partito.
Ma quali sono i criteri utilizzati per selezionare i nominativi per la maggior parte dei “prescelti”, non è dato saperli ai cittadini, che oggi sono trattati come vacche al pascolo: munte sotto elezioni e poi abbandonate nella prateria di Stato in balia degli eventi.
Una minima idea però possiamo farcela, almeno in merito ai criteri con cui il PdL, il Partito della Lingerie, e la maggioranza di Governo scelgono i loro uomini : indagati, pregiudicati e condannati in via definitiva, di cui se ne contano 13 nel Parlamento italiano.
Ma non basta. Ieri il giornale francese Nouvel Observateur, in un gravissimo articolo sulle infiltrazioni della mafia russa nel nostro territorio attraverso intrighi di Governo, cita conversazioni tra due nostri ministri: Mara Carfagna e Mariastella Gelmini. Conversazioni che sembrano avvallare l’ipotesi per cui entrambe conoscano le abitudini sessuali del Premier, offrendo così all’opinione pubblica ambigue interpretazioni sulle loro folgoranti nomine. Ambigue interpretazioni che, leggendo l’articolo e la reazione dell’avvocato del Premier, nonché parlamentare, Niccolò Ghedini, sembrano trovare perfino conferma.
Non basta ancora. Oggi un servizio de L’Espresso indica Fabrizio Cicchitto, capogruppo PdL alla Camera, insieme ad alcuni luogotenenti abruzzesi, come il beneficiario di proventi derivanti dalla compravendita di scranni parlamentari, e di chissà cos’altro.
Dunque tra l’immunità parlamentare per salvare amici e fiduciari dalle pareti di un carcere, scambi di favori e riconoscimenti per prestazioni sessuali, mazzette e compravendita di seggi in Parlamento, i criteri di meritocrazia sembrano rappresentare l’ultima delle variabili per cui i parlamentari e uomini di Governo, almeno quelli scelti dalla maggioranza, finisco a rappresentare l’Italia. Un Parlamento così dovrebbe riunirsi a Regina Coeli piuttosto che a Montecitorio o a Palazzo Madama.

Antonio Di Pietro

giovedì 6 agosto 2009

4° Incontro Nazionale dell'Italia dei Valori a Vasto (CH)


Caro amico e cara amica,
Il 18, 19 e 20 settembre ci sarà il 4° Incontro Nazionale dell'Italia dei Valori a Vasto.
Durante le tre giornate di lavori ci saranno dibattiti pubblici, con esponenti dell'Italia dei Valori e della società civile, e interviste in studio su tematiche quali l'Economia, l'Informazione, la Giustizia e la Politica estera. Dibattiti e interviste saranno visibili anche dal Web attraverso le dirette streaming dal blog www.antoniodipietro.it e dal portale www.italiadeivalori.it.
Tema centrale delle tre giornate sarà la proposta di programma di governo dell'Italia dei Valori, avviata, discussa e rielaborata in 10 punti che verranno esposti e presentati ad uno ad uno per un ulteriore contributo da parte dei cittadini.
E' già stato pubblicato sul sito dell'Italia dei Valori e sul blog di Antonio Di Pietro l'agenda della manifestazione e l'elenco degli alberghi convenzionati. Su questo link http://italiadeivalori.antoniodipietro.com/iosostengo/vasto2009.php potrete trovare il resto delle informazioni ed i costi dei pernottamenti.
Io andrò a questo incontro. Chiedo cortesemente ai novaresi che volessero partecipare di scriverci per organizzarci al meglio.
Consiglio vivamente di partecipare e di prendere qualche giorno di ferie, sempre che sia possibile, perchè saranno tre giorni emozionanti e molto appassionanti.
Incontreremo tutti i vertici del partito e saranno trattati temi interessanti con personaggi illustri del nostro paese.

Vi aspettiamo!

Rebecchi Lorenzo
www.italiadeivalori-galliate.com
3470900421

mercoledì 5 agosto 2009

E' morto Angelo De Marco, grande amico e consigliere comunale dell'Italia dei Valori a Crescentino (VC)


L'Italia dei Valori e il paese di Crescentino (Vc) piangono il Consigliere comunale Angelo De Marco, 60 anni, esponente di spicco dell’ “Italia dei Valori”. Vi ho allegato una suo foto.
Egli si trovava in vacanza con la famiglia in Calabria, sua regione d’origine. Il primo di agosto, era in corso una piccola escursione appunto con i familiari quando, nel primo pomeriggio, il consigliere ha preferito fare ritorno a casa, accusando un lieve malore.
In serata, attorno alle 20, quando i suoi cari sono anch’essi rientrati, l’hanno trovato senza vita.
Nel 2008 è stato candidato alle elezioni politiche nelle fila dell'Italia dei Valori e nel 2009 nella lista civica "Amare Crescentino", dove viene eletto per la seconda volta in Consiglio comunale. Il sindaco Marinella Venegoni gli aveva affidato le deleghe al centro anziani, all'assistenza e politiche sociali.
In città è sempre stato apprezzato per il suo impegno civile verso i portatori di handicap: dopo molti anni di lotte e battaglie, ricopriva ora la carica di presidente provinciale dell'Anmil (Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi del Lavoro) e presidente dell'Aric (Associazione Regionale Invalidi Civili).
Angelo Antonio De Marco aveva 60 anni. Viveva con la moglie e i due figli.
Sempre disponibile e gentile, aveva instaurato un rapporto di sincero rispetto e amicizia con tutti noi.
Ricordo ancora quando a Galliate ci caricavi perchè sapevi che noi giovani potevamo essere il futuro del partito. Credo che tu avessi ragione.
Ti ringrazio ancora per le congratulazioni che mi feci per l'ottimo risultato su Galliate. Ti ringrazio ancora perchè sapevi che avevo talento. Tu credevi molto in me.
Spero di poter continuare così anche per te. Spero che tu possa vedermi da lassù per starmi vicino ancora per molto tempo in ogni battaglia. Ne ho ancora bisogno!

Ci mancherai!

Un amico

Lorenzo

sabato 1 agosto 2009

Delibera programmatica: avevamo ragione noi


On. Cambursano: ci troviamo di fronte ad un comitato d'affari


Cara Amica e caro Amico,
Ti invio la dichiarazione di voto dell'On. Cambursano dell'Italia dei Valori trasmessa in diretta televisiva il 24 luglio 2009 sul decreto anticrisi.
Ti consiglio di leggerla perchè è molto interessante e penetrante. Ti dimostra chi abbiamo veramente al governo del nostro paese.

Saluti

Rebecchi Lorenzo
www.italiadeivalori-galliate.com
3470900421

"L’Italia dei Valori non darà la fiducia a questo Governo, poiché la fiducia è una cosa seria e si dà a persone serie.
Qui, invece, ci troviamo di fronte ad un comitato d’affari, a un insieme di affari privati in atti pubblici: affari personali e di famiglia, ancorché allargata, di clan e di casta. Un grande giornale economico internazionale scriveva nei giorni scorsi che il vero scandalo italiano non è quello delle escort.
In proposito, aveva ragione la mia concittadina Simona Ventura quando, qualche giorno fa, scriveva: Presidente, chiuda almeno la porta! A noi dell’Italia dei Valori non interessa ciò che fa il Presidente del Consiglio dietro la porta, ci interessa ciò che fa fuori, dobbiamo guardare e non possiamo non vedere.
E vediamo che lei, signor Presidente del Consiglio che non c’è, dimentica troppo spesso di essere il Presidente del Consiglio dell’Italia. Quel prestigioso giornale economico, l’Economist, non le «comunist», scriveva che il vero scandalo è quello di non accettare la crisi economica, che è devastante. E questo scandalo continua.
Due giorni fa, al Senato della Repubblica, signor Presidente, abbiamo visto due film: due film con la stessa trama, con due attori principali diversi e con due conclusioni completamente diverse. I due attori erano uno il Ministro dell’economia e l’altro il governatore della Banca d’Italia Draghi. Il primo, a giustificazione dell’operato di questo anno abbondante di Governo, diceva che avevano rispettato tutti e tre gli obiettivi che si erano prefissi, e quello di mantenere in ordine i conti pubblici, in linea con gli impegni internazionali.
Peccato che qualche ora dopo fosse smentito sempre al Senato dal Governatore, che diceva che i conti sono gravemente deteriorati. Quindi, delle due l’una: o il Governatore della Banca d’Italia ha preso un abbaglio, oppure Tremonti, il nostro « superministro », fa il gioco delle tre carte, quello che si faceva nei mercati rionali e nelle feste patronali.
La verità è che, purtroppo, ha ragione il Governatore della Banca d’Italia. Vediamoli questi conti: il deficit ha superato il 5 per cento; il debito sta veleggiando verso il 120 per cento; le entrate tributarie stanno calando vertiginosamente; le spese correnti stanno aumentando mentre quelle in conto capitale stanno diminuendo; la produzione industriale in questi primi mesi è caduta del 22 per cento. Soprattutto, la pressione fiscale è aumentata: e quelli che pagano sono quelli che hanno sempre rispettato le leggi e hanno sempre pagato le loro tasse e le loro imposte.
La pressione fiscale ha raggiunto il 43,4 per cento, una punta massima toccata soltanto nel 1998, quando il Governo Prodi per entrare in Europa fece pagare una tassa che però restituì agli italiani nella misura del 60 per cento già l’anno successivo, ora non c’è neanche quello scopo nobile.
L’evasione fiscale, in compenso, è ripartita alla grande proprio grazie ai provvedimenti adottati dal Ministro Tremonti e dal Governo Berlusconi all’inizio di questa legislatura; ed ora ci risiamo con i condoni nonostante nel marzo 2008, in piena campagna elettorale, proprio il Ministro Tremonti avesse detto: mai più condoni, sono immorali (e infatti oggi assistiamo all’ennesimo condono).
Ma ciò che più preoccupa, signor Presidente, Ministri, colleghi, è il disavanzo primario.
Da sempre abbiamo avuto un avanzo primario anche solo di poche cifrepercentuali, oggi invece siamo scesi al disotto. Per far capire agli italiani che ci ascoltano che cosa intendo dire, voglio ricordare un evento, quello del 1998, quando l’allora Presidente del Consiglio Prodi ed il Ministro dell’economia Ciampi furono ricevuti da Kohl, che disse loro: guardando i conti dell’Italia, io mi fido di voi e la fiducia sta nel fatto che avete accantonato avanzi primari notevoli, questo è un segno di buona volontà (segno di buona volontà che ora non vi è più).
Le conseguenze sono quindi quelle che vediamo davanti agli occhi di tutti noi, come quella di una disoccupazione crescente che ormai ha superato l’8 per cento (ed anche questo dato è in forte crescita, se sono vere le cifre che il CNEL ed il Governatore ci hanno messo davanti qualche giorno fa). Alcune centinaia di migliaia di lavoratori rischiano il posto, 1 milione 600 mila lavoratori non hanno alcuna copertura sociale in caso di cessazione dal lavoro. Questo è lo stato dei conti ed il giudizio lo lasciamo agli italiani, che hanno la possibilità di vedere. Ma il Presidente del Consiglio ieri l’altro ha detto: la crisi si è sfogata, italiani andate pure in vacanza, spendete. Ma chi può spendere, chi ha i soldi per spendere? Lui, probabilmente, quel comitato d’affari di cui parlavo prima, certamente non i lavoratori in cassa integrazione e in mobilità o i precari.
Il secondo obiettivo che avrebbe raggiunto – afferma ancora il Ministro dell’economia e delle finanze – è quello della tenuta sociale, ma la tenuta sociale non è avvenuta grazie al lavoro ed alle scelte di questo Governo, ma grazie al senso di responsabilità dei lavoratori tutti (dipendenti, precari ed autonomi, anche se rischiavano di persona). Questo è il vero senso di responsabilità che ha dimostrato il popolo italiano, e la tenuta sociale è avvenuta grazie anche agli 8 mila sindaci che si sono fatti carico in questi anni di rispondere alle esigenze dei loro cittadini.
Il terzo obiettivo è quello della struttura produttiva, che sarebbe stata sostenuta dal credito; ma questo vale solo per le grandi aziende, e non per le piccole e medie aziende che invece soffrono. Ci troviamo – concludo, signor Presidente – di fronte a due Italie. Una è l’Italia che fatica e che soffre, quella delle donne che lavorano e che adesso dovranno lavorare fino a 65 anni nonostante lavorino anche a casa, quella delle persone anziane che hanno bisogno di un’assistenza ma che non possono regolarizzarla, visto che il provvedimento al nostro esame non consente loro di regolarizzarla perché non hanno un reddito sufficiente, quella dei lavoratori di cui dicevo prima, quella dei terremotati d’Abruzzo che saranno chiamati a pagare le imposte e le tasse mentre invece ad altri, che hanno conosciuto la stessa disgrazia, sono state diminuite nel corso di parecchi anni. Questa è un’Italia; l’altra Italia è invece quella grassa, quella che si ingrassa a spese e a carico della prima, quella che questo provvedimento, signor Presidente, vuole ancora una volta premiare.
Infatti, le due chicche di questo provvedimento sono, una, lo scudo fiscale per far rientrare, nel totale anonimato, i capitali esportati clandestinamente all’estero.
Si tratta di soldi sporchi, soldi frutto di mafia, di 'ndrangheta, di camorra, dello sfruttamento dei minori e così via.
Che cosa pagano questi signori – signori si fa per dire – che rimpatriano i loro risparmi, i loro capitali ? Pagano l’1 per cento. Poi ci si viene a dire che anche Obama sta per adottare un provvedimento della stessa natura. Niente di più falso. In America, in Gran Bretagna, in Francia, pagheranno fino all’ultimo centesimo: il 100 per cento dell’imposta, più le sanzioni.
Qui, invece, pagano solo una sanzione nella misura dell’1 per cento; questo è il vero scandalo dell’Italia. Quindi, questo è un Governo che sostiene i mafiosi e gli evasori. Questa è l’Italia.
L’altro scandalo consiste nella sanatoria per le società concessionarie che gestiscono i giochi: 90 miliardi stavano per essere ripuliti con un colpo di spugna. Per fortuna, l’Italia dei Valori e chi parla l’ha combattuto duramente e se ne sono accorti".

On. Renato Cambursano