giovedì 20 settembre 2007

La necessità di una cooperazione penale internazionale

Dopo il cruento delitto di ‘ndrangheta avvenuto a Ferragosto nella ridente cittadina tedesca di Duisburg si è riproposto il problema della mancanza di una rete internazionale di comunicazione e scambio di informazioni sulla situazione penale dei soggetti pregiudicati in uno o più Stati.
La presenza di un circuito del genere, adesso come in altre circostanze, avrebbe consentito lo svolgimento di indagini più celeri ed efficaci e dunque permesso l’individuazione e la punizione dei rei dei crimini posti in essere.
Qualcuno potrà, forse a ragione, obiettare l’insensatezza della costruzione dei recinti allorché i buoi siano già scappati.
Eppure un ragionamento simile finisce con l’essere un alibi per l’immobilismo politico degli organi nomopoietici nazionali e sopranazionali, che – finora – non hanno mai profuso un reale e concreto impegno sul fronte della cooperazione penale internazionale.
Il partito dell’Italia dei Valori, per mezzo dell’onorevole Leoluca Orlando, ha espresso le proprie allarmate preoccupazioni per l’inattuata istituzione del sistema mediatico menzionato, di cui peraltro – per la prima volta – aveva parlato Giovanni Falcone.
La tecnologia permette di condividere, anche a distanze geografiche rilevanti, dati di ogni genere attraverso internet.
Che difficoltà si frapporrebbero alla diffusione, da parte di ogni Stato, delle schede giudiziali dei rispettivi pregiudicati?
La creazione di un sistema così strutturato inciderebbe non soltanto nel momento patologico della persecuzione dei reati già consumati ma anche nella fase fisiologica della gestione degli appalti pubblici, che resterebbero preclusi a soggetti in odore di criminalità.
Si potrebbe iniziare a livello comunitario, per poi estendere l’ingranaggio – frattanto già rodato – su scala internazionale.
Per gestire il sistema sarebbe utile istituire un Comitato Consultivo, formato dai rappresentanti dei Governi degli Stati aderenti (magari dai Ministri degli Interni e della Giustizia), e un’Authority indipendente, i cui membri (possibilmente magistrati o comunque giuristi) sarebbero designati con cadenza triennale dal Comitato medesimo in condizioni tali da garantire turnariamente a tutti gli Stati l’accesso di un proprio rappresentante.
L’Italia potrebbe avere in Orlando, giurista di spessore e politico raffinato, un eccellente rappresentante in seno all’Authority.


Rebecchi Lorenzo

domenica 16 settembre 2007

Noi l'avevamo previsto. Dietro al V-Day c'è di più

Nei giorni scorsi c'è stato una enorme spaccatura tra me e gli amici del meet up di Novara. Il nocciolo della questione è stata quella di avere mandato un comunicato che in cui esprimevo le mie considerazioni positive per il V-Day a Novara e per l'enorme numero di firme raccolte. Facevo i complimenti agli organizzatori e facevo un appello ai giovani per rilanciare il nostro paese e per ripartire dal basso per modificare il sistema.
Quell'appello l'ho pubblicato sul nostro blog e adesso ho dato spazio per intero all'ultimo post di Grillo che invita i cittadini del meet up a formare liste civiche per presentarsi alle elezioni comunali per cominciare a spaccare il mondo politico.
E' molto strano quello che è successo. Adesso comincio a vederci chiaro.
Ho sempre ritenuto che Grillo avesse intenzioni politiche e questo risulta dal fatto di aver firmato il protocollo sulla costituzione della "Lista Civica Nazionale" promossa da Elio Veltri e Oliviero Beha nel sito "La Repubblica dei Cittadini" (http://www.repubblicadeicittadini.it/). Qualche amico givvino aveva avvisato del fatto che in alcuni banchetti del V-Day in centro città ci fossero anche quelli di questa Lista Civica Nazionale.
Ora capisco quelle accuse di voler politicizzare l'evento, di voler prendere i meriti del risultato del V-Day. Come poteva un mio semplice comunicato aver fatto scatenare un tale delirio di rabbia e di offese verso la mia persona. Volevano farci fuori? Non volevano intromissioni? Lo spiega Grillo nel suo post che non vuole nelle liste civiche persone iscritti negli altri partiti.
Avevo intuito che dietro Beppe Grillo non ci fosse solo un intento meramente civile. Chiunque arriva a fare una manifestazione di questo tipo alla lunga ha sempre un obiettivo politico. Non muove le masse per nulla. Non tocca certi interessi per puro idealismo. Per cambiare le cose bisogna metterci la propria faccia e bisogna creare un movimento.
Tutto non è lasciato al destino. L'obiettivo era chiaro fin dall'inizio, a mio modesto parere. Guarda caso alcuni banchetti del V-Day insieme alla Lista Civica Nazionale. Alcuni organizzatori del meet up iscritti alla Lista Civica. Lo stesso Grillo è tra i primi firmatari del progetto della costituzione della Lista che nascerà a Roma il 6 ottobre.
Intanto però Grillo rimane in riserva e invita i meet up ad organizzarsi per l'elezioni comunali. Aspetta di organizzare le basi per entrare in azione poi dall'alto. Ottimo intuito politico. Si inizia dal basso per poi organizzare i vertici, con le pattuglie pronte. In questo modo si può colpire meglio il cuore del sistema. Il tutto si giustifica con fatto di aver promesso solennemente di non avere interessi politici con le sue iniziative. Tutto falso.
Adesso staremo a vedere. La mia personale ed umile opinione è quella di organizzarci e cominciare a dialogare con loro. Non dobbiamo stare a guardare. Il fenomeno lo dobbiamo studiare bene per essere pronti al momento giusto. Quindi continuiamo a stare dentro i meet up ed ad aprirne altri, solo così possiamo sapere meglio come stanno le cose. E solo così possiamo conoscere i loro intenti e solo così possiamo studiare una strategia.

Rebecchi Lorenzo

Grillo scende in campo. Anzi rimane in panchina

E adesso? Dopo il V-day? La parola è ai cittadini. Ogni Meetup, ogni gruppo può, se vuole, trasformarsi in lista civica per le amministrazioni comunali.
I cittadini devono entrare in politica direttamente. Per la loro tutela e per quella dei loro figli.
I Comuni decidono della vita quotidiana di ognuno di noi.
Possono avvelenarci con un inceneritore o avviare la raccolta differenziata. Fare parchi per i bambini o porti per gli speculatori. Costruire parcheggi o asili. Privatizzare l’acqua o mantenerla sotto il loro controllo.
Dai Comuni si deve ripartire a fare politica con le liste civiche.
Le liste che aderiranno ai requisiti che pubblicherò sul blog tra qualche giorno avranno la certificazione di trasparenza “beppegrillo.it”. Tra i requisiti ci saranno, ad esempio, il non essere iscritti a partiti ed essere incensurati.
Le liste potranno comunque chiamarsi come gli pare ed essere autonome nella loro azione. Ci potranno anche essere più liste in una stessa città.
Le liste certificate saranno pubblicizzate dal blog e messe in condizione di scambiarsi informazioni e esperienze attraverso una piattaforma comune on-line che sarà messa a disposizione, sempre attraverso il blog.
Io non parteciperò a nessuna manifestazione nei prossimi mesi. Non sto promuovendo la presentazione di nessuna lista civica, né locale, né nazionale.
La loro voce i partecipanti del V-day non la prestano a nessuno. Sono i megafoni di sé stessi. I cittadini che si fanno politica.
Per le liste civiche rimanete sintonizzati sul blog. Stay tuned.

Beppe Grillo

mercoledì 12 settembre 2007

Narcomafie

Cinque milioni di ecoballe fuori legge, un miliardo e mezzo di euro spesi in 11 anni dal commissariato di governo e altri 80 milioni stanziati a giugno dal governo: sono le cifre che segnano l’ennesima débâcle dello Stato in terra di Camorra. Quella che è stata chiamata “emergenza rifiuti” si sta rivelando sempre più una grande truffa di cui hanno beneficiato amministratori corrotti, malavitosi, imprenditori più o meno vicini agli uni e agli altri: lo sostengono i magistrati in una serie di inchieste intrecciate che, tassello dopo tassello, ne stanno ricostruendo la storia.
L’inizio della crisi. Tutto comincia nel 1994 quando, dichiarato lo “stato di emergenza”, il governo nomina il primo commissario che ha il compito di tamponare la crisi. È solo nel 1996 che i poteri si ampliano e passano al presidente della Regione che in quel momento in Campania è Antonio Rastrelli. Ed è la sua amministrazione che organizza il bando di gara per appaltare la gestione di un ciclo integrato dei rifiuti. Le procedure vanno avanti con il suo successore, Andrea Losco (Udeur) e vengono concluse da Antonio Bassolino (Ds) che affida il tutto a un consorzio di ditte formato da cinque imprese associate alla Impregilo (Impregilo International, Fibe, Fibe Campania, Fisia Impianti, Gestione Napoli). Le stesse che a giugno 2007 ricevono dal gip Rosanna Saraceno l’interdizione a stipulare contratti con la pubblica amministrazione per un anno in materia di smaltimento della spazzatura e il sequestro preventivo di 753 milioni di euro.
I pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo cominciano a indagare nel 2002 dopo una denuncia del senatore di Rifondazione comunista Tommaso Sodano. Cinque anni dopo arriva il primo provvedimento del gip con conclusioni durissime per le imprese, ma non solo. Per il magistrato le aziende «con artifici e raggiri» hanno eluso i contratti, falsificato i risultati delle analisi, bloccato gli impianti per far crescere l’emergenza. Il tutto «con la complicità, se non la connivenza, di chi aveva l’obbligo di intervenire». Non a caso le indagini, dalle quali si aspettano nuovi sviluppi, hanno coinvolto il governatore Bassolino e molti dirigenti della struttura commissariale.
Con l’alibi dell’emergenza. Nel 2000, infatti, il presidente della Regione firma con il consorzio un contratto, che non sarà mai rispettato dalle ditte né disdetto dal commissariato che, invece, sostiene la tesi dell’emergenza infinita inventata dall’impresa per giustificare le proprie inadempienze. Impregilo e soci avrebbero dovuto costruire sette impianti di produzione di Cdr, ovvero di combustibile derivato dai rifiuti (e lo hanno fatto), edificare due impianti per la termovalorizzazione del combustibile (ne hanno realizzato uno solo, quello contestatissimo di Acerra), gestire tutti i rifiuti prodotti in Campania. La spazzatura doveva diventare materiale da bruciare (32%), compost destinato al recupero ambientale (33%), scarti ferrosi (3%) e solo il 14% doveva finire in discarica. Sette anni dopo non solo la Campania brulica di buche piene d’immondizia, ma l’emergenza è diventata un enigma che non trova soluzione.
Anche perché quella che esce dagli impianti di Cdr è spazzatura triturata. Tanto che il prefetto Pansa (che ha preso il posto del precedente commissario, il capo della protezione civile Guido Bertolaso) ha deciso di far trasportare parte dei rifiuti direttamente in discarica.
Tutti le trasportano, nessuno le brucia. Le ecoballe, lo dimostrano le indagini, di eco non hanno proprio nulla. Si tratta, invece, di immondizia chiusa in buste di plastica che non sarà mai possibile bruciare nel rispetto delle norme attuali. Il materiale prodotto dai Cdr doveva avere per contratto al massimo il 15% di umidità. Il decreto Ronchi prevede una percentuale del 25%. La spazzatura che esce dagli inceneritori supera il 30. E la quantità di rifiuti che esce dai sette inceneritori è maggiore di quella in entrata a causa degli additivi. Un disastro.
In compenso solo per ospitare le cosiddette ecoballe bisogna occupare 40mila metri quadrati ogni mese. E così il commissariato ha dilapidato milioni di euro per inviare le balle al nord o addirittura all’estero, ma nessuno le ha volute perché bruciarle è impossibile. Eppure il contratto prevedeva, come ricorda il gip Saraceno «l’obbligo di assicurare, nelle more della realizzazione degli impianti di termovalorizzazione, il recupero energetico mediante conferimento del Cdr in impianti esistenti». Insomma, in attesa di costruire l’impianto di Acerra il cartello Impregilo avrebbero dovuto smaltire le ecoballe a proprie spese, ma nessuno ha preteso il rispetto di questa clausola e la spazzatura impacchettata è diventata lo scoglio che fa naufragare ogni speranza di superare la crisi. Non basta. Il subappalto del trasporto di materiali prodotti dagli impianti era vietato, ma solo sulla carta. Le numerose emergenze hanno fatto proliferare le deroghe e il servizio è stato appaltato a una partecipata dei Comuni dell’area Nord (Impregeco), che non avendo, però, i mezzi necessari lo ha a sua volta subappaltato a una miriade di padroncini. E così davanti agli inceneritori restano per ore, ma a volte anche per giorni, camionisti pagati in nero.
Impianti fermi? È tutto programmato. A costituire l’inferno in cui si dibattono i napoletani hanno, sempre secondo i magistrati, collaborato i responsabili del commissariato. Sono stati loro a non vedere (o a non voler vedere) che le apparecchiature montate nei Cdr erano diverse da quelle progettate, che ai rifiuti veniva aggiunta plastica per renderli più secchi, che le analisi sui prodotti venivano falsificate. Tutto in nome dell’emergenza. Tanto che il sub-commissario Raffaele Vanoli nel 2002 in previsione dell’estate dispone un prolungamento dell’orario di apertura degli impianti e decide che le verifiche sul Cdr prodotto siano spostate al momento di incenerire le balle. Si domandano i giudici: come faceva Vanoli a sapere che i cumuli di rifiuti per le strade sarebbero cresciuti? Una risposta viene dalle intercettazioni sulle linee dei dipendenti della Fibe. Scrive Rosanna Saraceno nella sua ordinanza: «Dalle intercettazioni emerge che il fermo degli impianti e il blocco nella ricezione dei rifiuti era programmato e attuato quale strumento di pressione verso la struttura commissariale». Tra gennaio e giugno del 2007 l’inceneritore di Caivano si è bloccato 30 volte, venti perché non c’era possibilità di sversare i rifiuti, dieci per incidenti vari.
Intanto c’è chi, con i rifiuti, si ingrassa. L’emergenza, poi, giustifica fitti e subappalti senza gare: e i costi lievitano. Così finisce che la Campania sommersa dalla spazzatura paghi la tassa sui rifiuti più cara d’Italia. Né c’è da meravigliarsi visto che, tanto per fare un esempio, nei diciotto consorzi di bacino della regione sono stati assunti 2300 ex Lsu (lavoratori socialmente utili, ndr.) che dovevano lavorare alla differenziata mai decollata e che quindi hanno fatto poco e niente, ma sono stati sempre pagati costando circa 55 milioni di euro all’anno. E molti sono stati assunti perché iscritti in liste di disoccupazione compilate grazie a un accordo trasversale tra le forze politiche, come sostengono i giudici che hanno indagato su molti leader dei senza lavoro. Ben 367 di questi lavoratori fantasma dipendono dal bacino 5 che però non è mai stato costituito. E l’Asia, la società mista che raccoglie l’immondizia a Napoli, lavora senza aver mai firmato un contratto di servizi e subappalta la raccolta del centro città ad altre due società. Non va meglio in provincia dove molti Comuni sono stati sciolti (tra questi Crispano, Casoria, Tufino, Pozzuoli, Melito) per aver affidato il servizio di nettezza urbana a società ritenute dal Gia (Gruppo interforze antimafia) vicine alla Camorra. Il commissario di governo a Casoria ha dovuto azzerare i vertici della partecipata del Comune dopo l’informativa della prefettura che parla di possibili ingerenze della criminalità organizzata. Anche la Pomigliano Ambiente nel giugno 2006 è stata interdetta dal prefetto perché sospettata di servirsi di una società di servizi accusata di collusioni con associazioni camorristiche, ma a novembre il Tar ha accolto il ricorso della società, il provvedimento di interdizione è stato revocato e l’azienda ha ripreso l’attività come molte altre imprese finite nel mirino della prefettura e “riabilitate” dalla giustizia amministrativa. Ad aprile, però, la Dda ha aperto una nuova inchiesta. Il pubblico ministero Maria Antonietta Troncone indaga su una serie di lavori appaltati con il criterio della somma urgenza.
Favori a parenti e “amici”. Del resto, secondo la commissione parlamentare d’indagine sul ciclo dei rifiuti guidata dal senatore Roberto Barbieri (Gruppo misto), la stessa struttura commissariale non è stata impermeabile alla Camorra: «Gli elementi informativi assunti durante le audizioni, soprattutto quelle dei magistrati della procura della Repubblica di Napoli, nonché la documentazione acquisita con riferimento alle indagini che hanno interessato la struttura commissariale – è scritto nella relazione sulla Campania – hanno rappresentato un quadro nel quale la criminalità organizzata, soprattutto nella sua articolata dimensione imprenditoriale, ha assunto un ruolo che desta preoccupazione». Una preoccupazione più che fondata se si considera che a maggio è stato arrestato il sub-commissario Claudio De Biasio: insieme a Giuseppe Valente, presidente del Ce4 (in quota Forza Italia), fino al commissariamento del consorzio, avrebbe favorito imprese legate alla malavita. I due, secondo i pm della Dda di Napoli, Raffaele Cantone e Alessandro Milita, avrebbero favorito le ditte dei fratelli Sergio e Michele Orsi a loro volta finiti in manette e indicati da numerosi pentiti come vicini al clan dei Casalesi. Con queste imprese il consorzio di bacino ha costituito una società mista, la Eco 4, incaricata della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti. Alla Eco 4 non è stata concessa la certificazione antimafia perché l’amministratore delegato, Sergio Orsi, è ritenuto vicino ai clan. I giudici hanno ricostruito la vicenda passo passo a cominciare dal bando di gara che privilegiava le società formate da giovani e da donne. Una clausola che ha permesso agli Orsi di spiazzare l’altra impresa che aspirava all’appalto. Poco prima del bando, infatti, è stata formata una società, la Flora ambiente, amministrata dall’allora ventunenne Elisa Flora, figlia di Sergio Orsi. L’impresa, che non aveva alcuna attrezzatura, creò un’associazione temporanea con aziende che avevano, invece, i mezzi per operare e riuscì a vincere la gara e ad aggiudicarsi il servizio guadagnando (illecitamente secondo i giudici) più di dieci milioni di euro, nove solo vendendo al commissario un pacchetto azionario a un prezzo enormemente superiore al valore reale. Nell’inchiesta entra anche il camorrista Augusto La Torre. È lui a raccontare ai giudici di aver imposto ai fratelli Orsi una tangente di 15 mila euro al mese e di aver concordato la cifra grazie al comune amico Francesco Bidognetti, capo dell’omonimo clan.
Un impero all’ombra dei clan. Ma i fratelli non sono amici solo dei malavitosi. Nella loro agenda figura anche Angelo Brancaccio, dei quali erano anche compagni di sezione. I due, infatti, erano iscritti alla sezione dei Ds di Orta di Atella, paese di cui Brancaccio era stato a lungo sindaco prima di diventare consigliere regionale e segretario della presidenza del governatore Bassolino ed essere infine accusato di estorsione, peculato e corruzione.
E non finisce qui: 37 milioni di euro sono passati dal commissariato di governo direttamente nelle tasche di Cipriano Chianese, avvocato, imprenditore candidato per Forza Italia alle elezioni nel 1994 e non eletto, proprietario della Resit, la società che ha venduto al commissariato di governo le cave X e Z, discariche abusive nei dintorni di Giugliano, durante l’emergenza del 2003 (cfr. «Narcomafie» n.2/06). Tre anni dopo, nel gennaio del 2006, Chianese finisce in galera. Pesantissima l’accusa: estorsione aggravata e continuata, concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo i magistrati il suo impero economico sarebbe cresciuto all’ombra del clan dei Casalesi. I pm antimafia Raffaele Marino, Alessandro Milita e Giuseppe Narducci chiesero anche l’arresto dell’ex sub commissario per l’emergenza rifiuti, Giulio Facchi, ma il gip non lo concesse per mancanza di esigenze cautelari (al momento della decisione non era più sub-commissario). La cosa sconcertante è che il commissario aveva stabilito rapporti con Chianese ben sapendo che era già stato al centro di numerose inchieste giudiziarie.
In questa situazione non c’è da meravigliarsi se in Campania ci sono, secondo Legambiente, 225 discariche abusive e la criminalità organizzata continua a incrementare i propri profitti gestendo un giro di affari che tocca i 23 miliardi di euro all’anno. E i cumuli di sacchetti per le strade della Regione continuano a crescere

Rebecchi Lorenzo

domenica 9 settembre 2007

Appello ai giovani del V-Day

Come in tutta Italia, anche in provincia di Novara il V-Day è stato un successo clamoroso, imprevisto e non auspicabile per qualcuno (leggasi partiti), ma non per chi ci ha creduto fino in fondo e ha lavorato con entusiasmo.
Nonostante il black out della stampa e della TV nazionale e col solo ausilio della stampa locale, sono state raccolte 3283 firme e, alla fine, si sono esauriti i moduli a Novara.
Al banchetto di Novara non c'è stato un attimo di tregua: dagli iniziali due ragazzi dello staff che raccoglievano le firme si è passati a sei per smaltire la folla che andava accumulandosi, soprattutto nel pomeriggio. Personalmente, essendo uno dei sei, a fine giornata, mi si confondeva la vista per le tante firme raccolte.
La gente, di ogni età e di ogni ceto, è arrivata da tutta la provincia e si è messa in coda tranquillamente, senza creare nessun disagio. Molte persone hanno lasciato la loro e-mail per essere contattate e coinvolte nelle attività che intendiamo iniziare sul territorio e proseguire in campo nazionale.
Il merito di questo successo va interamente agli organizzatori del V-Day di Novara e Borgomanero che hanno creduto fin dall'inizio alla proposta di iniziativa di legge popolare e a tutti i giovani che hanno dato il massimo impegno per il banchetto. Un grazie anche a Renzo Tognetti, coordinatore provinciale dell'Italia Dei Valori ed a Giacomo Bucciero, consigliere comunale a Borgomanero che hanno dato la propria disponibilità a convalidare le firme raccolte e senza il quale non sarebbe stata possibile la manifestazione.
Mai in Italia era accaduto di raccogliere oltre trecentomila firme in un solo giorno e senza nessun battage pubblicitario.
Questa è la prova del malessere che serpeggia in modo trasversale fra tutti i cittadini di ogni appartenenza politica e di ogni età.
Il popolo non ne può più di politici arroganti e spesso corrotti, nonché inetti, che ha condotto la classe media italiana sull'orlo della povertà, l'economia allo sbando e il debito pubblico in caduta libera.
Noi amiamo il nostro paese, ma ci vergognamo del nostro Parlamento.
Mi si permetta, per concludere, di fare un appello a tutti quei giovani che sono venuti a firmare: "Non mollate, continuate a lottare, continuate a crederci e a sostenerci, perché sono ancora convinto che le cose si possono cambiare, ma bisogna tener duro e non mollare mai, l'iniziativa di Beppe Grillo è solo il primo passo".

Rebecchi Lorenzo
Portavoce Giovani dell'Italia dei Valori
Novara

V-Day: un risultato eccezionale

Oggi 8 settembre a Novara è accaduto qualcosa di imprevisto per qualcuno, ma non per chi ci ha creduto nella manifestazione del V-Day.
Non è successo di bassa risonanza, ma si tratta di un risultato di grande livello che avrà sicuramente influenze negli apparati di potere molto alti.
Cosa è capitato? Ve dico subito. Si sono esauriti i moduli, sono state raccolte 1650 firme e l'organizzazione è stata perfetta, anzi maestosa.
Non c'era l'interesse solo a raccogliere le 50.000 firme per depositarle in Cassazione, ma c'era lo scopo a farsi che l'iniziativa avesse un impatto visivo e mediatico di forte tenore.
Così è stato. Nella nostra città al banchetto non c'è stato un attimo di tempo, la gente è arrivata da tutta la provincia. Sono corse numerose persone per firmare, ci sono state le code. Non abbiamo avuto un attimo di respiro. Al pomeriggio addirittura ci sono stati sei ragazzi dello staff che raccoglievano le firme, ma nonostante questo la folla aumentava e le code non finivano mai. Anzi le persone erano disposte a lasciare i propri recapiti pur di essere contattate o coinvolte nelle attività che faremo sul territorio su temi che purtroppo solo Grillo tratta.
Il merito di questo successo è degli organizzatori del V-Day a Novara che hanno creduto fin dall'inizio alla proposta di iniziativa di legge popolare e a tutti i giovani che hanno dato il massimo impegno per il banchetto.
Il risultato che presto avremo sulla raccolta delle firme è la prova del malessere che serpeggia nei cittadini e nella rabbia dei cittadini verso i politici accusati di essere sordi alle esigenze del quotidiano.
Il popolo non ne può più di questi fannulloni e di certi personaggi che pensano solo ai propri interessi.
La gente è venuta a firmare solo perché vuole un paese con maggior credibilità, con maggior trasparenza e dove sussista un vero ricambio generazionale.
Noi amiamo il nostro paese e non possiamo tollerare che ci siano dei condannati in via definitiva in Parlamento.
Il nostro deve essere un paese serio e deve rispondere alla volontà della gente e della società. Fino a quando sederà, come avviene adesso, un condannato per omicidio alla Camera dei Deputati, allora quel paese non ci appartiene. Fin che sarà così, noi di quello Stato continueremo a vergognarci.
Infine vorrei fare un appello a quelle centinaia di migliaia di giovani che sono venute a firmare: non mollate, vi prego continuate a lottare, continuate a crederci, come ci credo io, perché sono ancora convinto che le cose si possono cambiare, ma il segreto è non fermarci e non arrenderci mai.
L'iniziativa di Grillo può essere un primo passo".

Rebecchi Lorenzo

mercoledì 5 settembre 2007

Case segrete antiviolenza per le donne

Scriverò al nostro consigliere regionale dell'Italia dei Valori, Andrea Buquicchio, per lavorare sull'approvazione di una legge di iniziativa regionale per la nascita di case segrete al fine di tutelare e proteggere donne vittima di abusi e violenze. Il progetto è nato nella nostra regione da associazioni femminili, dal sindacato della CGIL e dalla consigliere delle pari opportunità del Piemonte, che hanno provveduto a raccogliere le firme. Sono state deposita circa 12.000 firme.
Si tratta di creare dei luoghi dove ospitare donne vittime di gravi reati. Sul nome della località di tali centri si mantiene il massimo riserbo, per impedire di avere pressioni da parte di chi ha fatto ha commesso abusi verso di loro, per tutelare la loro incolumità fisica e la loro privacy. Sono utili per annullare i rischi che le querelanti non collaborino, per paura, con la giustizia per l’accertamento delle responsabilità.
Io ho già sottoscritto la proposta; vorrei aderire come GIV e come partito per raggiungere l'obiettivo.
I motivi che mi hanno spinto sono i seguenti:
a) tutelare soggetti deboli ed indifesi di fronte ad abusi e violenze;
b) incentivare la raccolta di testimonianze per favorire i processi e la condanna di persone crudeli, in modo da accertare le responsabilità e rendere effettiva la certezza della pena;
c) non abbandonare le vittime al loro destino, perché il nostro sistema giuridico spesso non prevede istituti per la tutela di chi collabora con la giustizia o di chi subisce danni dalla commissioni di reati gravi.
d) creare un istituto giuridico in grado di ottenere giustizia.
La morte atroce della ragazza di Genova e di Garlasco ne sono l'esempio.
Per questo mi rivolgo a voi per sostenere questa proposta di legge regionale.
Credo che questa sia un'ottima opportunità per rendere giustizia a quelle donne che cercano aiuto e meritano il giusto rispetto delle Istituzioni. Il senso di giustizia dei cittadini sicuramente non manca.
Dobbiamo agire per dare una vita dignitosa e per dare un futuro sereno a quelle persone che un giorno potrebbero essere le nostre figlie.
E' un ottimo strumento per ridare credibilità alle nostre istituzioni ed agli organi di giustizia.
Aspetto le vostre considerazioni perché vorrei che il GIV dia il nostro appoggio e la nostra totale collaborazione a questa utile iniziativa.
Infine vorrei che si riuscisse a sensibilizzare il partito in Piemonte, per avallare la proposta. Per questo scriverò al nostro amico Buquicchio.

Rebecchi Lorenzo
GIV Novara

lunedì 3 settembre 2007

Il nostro caro generale

Vorrei ricordare la figura del generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, della cui barbara morte ricorre oggi il venticinquesimo anniversario.
Questa tuttavia non vuole essere una commemorazione fine a se stessa, la quale a nulla servirebbe.
Piuttosto vuole rappresentare un invito alla riflessione sull'esigenza di combattere ogni forma di criminalità organizzata, anche per onorare la memoria di persone che sono cadute per lo Stato durante la lotta contro l'apparato delinquenziale.
La lotta alla criminalità organizzata passa anche per gesti eclatanti e significativi come quello della Confindustria Sicilia, che ha deciso di escludere dall'organizzazione tutti gli imprenditori di cui sia accertata la collusione mafiosa. Parte anche dalla società civile, come richiesto dal Presidente Napolitano. Tutti devono fare la propria parte. Ogni anello deve muoversi per sconfiggere il male criminoso.
Ciò mi fornisce pure lo spunto per formulare una proposta forse provocatoria ma, a mio avviso, significativa.
Perchè non escludere, con legge dello Stato, dai benefici fiscali le imprese di cui sia accertata la collusione mafiosa? Significherebbe mettere in ginocchio molte imprese. L'economia non può reggersi su imprese colluse con la mafia.
O ancora meglio, perchè non escludere da Confindustria anche le imprese che pagano le tangenti. Così come ha proposto il leader dell'Italia dei Valori. Molte imprese preferiscono pagare per avere una fetta di mercato assicurata, a danni della concorrenza e delle casse statali. Molte aziende alimentano la corruzioni e il giro di illegalità crea molti danni come le ditte in accordi con le associazioni criminali.
Far partire un'iniziativa legislativa del genere nel giorno dell'anniversario della morte di Dalla Chiesa sarebbe molto bello per la commemorazione di questo grande uomo di Stato!
Sei ancora nei nostri cuori caro generale.

Rebecchi Lorenzo

sabato 1 settembre 2007

Tagli su malpensa: l’alternativa e’ portare libri in tribunale

“Il riposizionamento delle attività su Malpensa non credo sia un attacco al Nord, come è stato detto dalla Regione Lombardia. Gli attacchi sulla questione mi inducono a pensare che sia troppo diffuso l’atteggiamento di dichiararsi liberali quando se ne può trarre vantaggio, ma, nel momento in cui c’è in ballo un interesse diretto, si adotti la posizione opposta. Se è vero, come sostiene Alitalia, che le rotte sull’aeroporto milanese sono in rosso, sarebbe illogico continuare a sopportare delle perdite”. Lo sostiene Antonio Borghesi, responsabile dell’Economia per l’Italia dei Valori. “E’ un presupposto dell’economia di mercato – aggiunge il deputato IdV - che l’attività in rosso vada chiusa, non c’è niente di anomalo”. “L’unica alternativa – conclude Borghesi - piuttosto che perpetuare una situazione in perdita, sarebbe portare i libri in tribunale per poi ricominciare da zero”.

Uffico Stampa Italia dei Valori

Silenzio colpevole dei media sul V-Day

Ieri Beppe Grillo aveva comunicato alle testate che avrebbe indetto una conferenza stampa. Ha dovuto annullarla perchè non era presente nessun giornalista.
Come dice Di Pietro è molto strano quello che sta succedendo. E' incredibile questo silenzio.
Nessuno sta dando risalto all'iniziativa di Grillo. A qualcuno sta dando fastidio.
Qualcuno di losco sta architettando il silenzio assoluto.
Ora comincio a capire le noie che stiamo avendo a Borgomanero e a Novara per avere l'autorizzazione ad occupare il suolo pubblico. Era così semplice fare un banchetto in piazza. Adesso sembra che la burocrazia sia impazzita o c'è sotto qualcosa?
Di Pietro lo aveva già annuciato e anche previsto. Chi muove interessi di alto livello o cerca di cambiare lo status quo, non riceve minacce, ma subisce il silenzio, l'isolamento e ancora peggio l'indifferenza.
Il silenzio o l'isolamento possono essere un segnale di paura a seguire chi vuole cambiare le cose.
Invece l'indifferenza arriva quando non interessa la battaglia, anzi dà letteralmente fastidio vedere che qualcuono tenta di riformare il sistema. Non possiamo stare a guardare.
Noi non ci fermeremo e continueremo a dare filo da torcere a chi cercerà di intimorirci.

Le nostre idee non muoriranno mai

Rebecchi Lorenzo
GIV Novara
La sezione penale della Corte Suprema del Cile ha confermato il 28 agosto la condanna all'ergastolo per il generale Hugo Salas Wenzel, capo della famigerata CNI, i servizi repressivi della dittatura cilena.
Salas e' stato infatti riconosciuto colpevole della strage denominata Missione Albania o Massacro di Corpus Christi, che nel 1987 provoco' l'omicidio di 12 giovani del "Fronte Patriottico Manuel Rodríguez" come rappresaglia all'imboscata a Pinochet nel settembre dell'anno precedente, in cui morirono cinque uomini della scorta del dittatore.
Si tratta della prima condanna a vita per uno dei massimi capi del regime. Salas dovra' scontare almeno 20 anni di carcere prima di poter chiedere qualsiasi beneficio, come la liberta' condizionata. Altri 14 agenti sono stati condannati a pene diverse per complicita' nella strage, solo uno delle centinaia di crimini commessi dalla CNI.
Il regime giustifico' in un primo momento la strage della Missione Albania come l'esito di uno scontro armato, ma successivamente si scopri' che tutti i giovani - fra cui tre ragazze - erano stati uccisi mentre erano disarmati.
Secondo i risultati dell'inchiesta, il generale Salas Wenzel diede personalmente l'odine di uccidere sette dei "frontisti", mentre gli altri furono uccisi a casa propria o per strada. Come emerso dalle indagini, Augusto Pinochet era perfettamente al corrente dei dettagli della mattanza.
Come detto in precedenza, continueremo a dare voce a chi lotta per la giustizia, per far emergere la verità sulle persone scomparse e sulle di violenze di Stato nascoste o tollerate da qualcuno. La storia di quelle migliaia di giovani desaparecidos ci appartengono. La verità deve fare il suo corso. Noi non tacceremo. Non smetteremo di dare spazio a quelle notizie che danno solo giustizia ai parenti delle vittime.
Onestamente parlando, a noi queste informazioni danno solo gioia.

Rebecchi Lorenzo
GIV NOVARA

Kennet Foster ha vinto la sua battaglia più importante: la vita

"Non sappiamo se sia dipeso anche dal nostro impegno, ma ci piace pensarlo. Ci piace pensare che, quando si crede profondamente in qualcosa e la si persegue fino in fondo, i desideri si avverano!"
Lo dichiara, in una nota, Lorenzo Di Pietro, leader nazionale dei "Giovani dell'Italia dei Valori", nonché portavoce del Comitato Kenneth Foster (www.kennethfoster.eu ), costituitosi con il sostegno delle associazioni giovanili di tutti i partiti politici.
"Il comitato - aggiunge - nei giorni scorsi aveva rinnovato il proprio impegno con un sollecito al Presidente Giorgio Napolitano, affinché si facesse promotore di un appello alle alte istituzioni degli Stati Uniti, per scongiurare la condanna; successivamente, aveva proseguito la lotta contro il tempo sollecitando l’intervento delle organizzazioni giovanili del Partito Democratico e del Partito Repubblicano USA. Kenneth Foster - conclude la nota - condannato per un crimine che non ha commesso, ottenendo la grazia, ha vinto la sua battaglia".
Il caso Fostere Kenneth fu segnglato al Lorenzo Di Pietro dall'amico Rebecchi Lorenzo, portavoce GIV Novara. Su questa delicata questione, era intervenuto con decisione anche il Ministro Di Pietro.

Rebecchi Lorenzo
Portavoce Giovani Italia dei Valori
Novara