giovedì 12 luglio 2007

Proposta dell'on. Costantini sul conflitto di interesse

On. Costantini (IDV): al via in settimana alla Camera l'esame del pdl sul CONFLITTO DI INTERESSI.

Finalmente al via l'esame del pdl sul conflitto di interessi.

Il testo licenziato dalla Commissione presenta, tuttavia, alcune gravissime lacune che i numerosi emendamenti presentati da me e da altri colleghi del gruppo dell' Italia dei Valori potrebbero colmare.

In primo luogo non è affrontata la questione dei condannati con sentenza passata in giudicato per gravi reati e della loro possibilità di accedere alle cariche di Governo ed alle cariche parlamentari.

Al contrario per noi dell'Italia dei Valori il primo e potenzialmente più pericoloso conflitto di interessi si determinerebbe proprio nel caso in cui lasciassimo a condannati la possibilità di accedere alle più alte cariche istituzionali e – seppure solo potenzialmente – di esercitare i conseguenti poteri per rimuovere o per mitigare le conseguenze dei reati.

Tra l'altro si tratta di un sistema già introdotto per gli Enti Locali (art. 58 T.U.E.L.) e risulterebbe, di conseguenza, del tutto inspiegabile la conservazione di un privilegio in base al quale chi non può candidarsi alla carica di consigliere comunale in un comune di 100 abitanti può, invece, accedere liberamente alle più alte cariche dello Stato (Governo e Parlamento).

Le argomentazioni utilizzate da chi – anche nel centrosinistra – non condivide la nostra proposta sono incomprensibili.

Ci è stato contestato che il Pdl affronta il conflitto di interessi per i titolari delle sole cariche di Governo e non già per i parlamentari e che, di conseguenza, la questione potrebbe essere trattata limitatamente ai soli titolari di cariche di Governo.

A queste osservazioni replichiamo, però, che in un sistema che vede un organo (il Parlamento) dare la fiducia ed un organo (il Governo) ricevere la fiducia è impossibile differenziare e trattare separatamente i requisiti soggettivi di accesso alle cariche e le conseguenze in caso di responsabilità penali accertate con sentenza passata in giudicato.

Questa è la considerazione già svolta dal Parlamento negli anni passati quando, nel disciplinare l'accesso alle cariche elettive negli Enti Locali, si è ben guardato dall'operare distinzioni di sorta tra organi di Governo (Sindaci, Assessori, etc.) e consigli comunali e provinciali ed ha correttamente affrontato in modo organico la materia all'interno degli artt. 58 e 59 del Testo Unico degli Enti Locali.

Per le stesse ragioni abbiamo presentato ulteriori emendamenti, estendendo il potenziale "conflitto di interessi" tra concessionari dello Stato, titolari di cariche di Governo e parlamentari.

Ad oggi, infatti, l'art. 10 del D.p.r. 361/57 è stato interpretato ritenendo ineleggibile l'amministratore di una società concessionaria e perfettamente eleggibile il titolare dell'intero pacchetto azionario della stessa società, alimentando negli anni situazioni di colossali conflitti di interessi, alle quali è giunto il momento di porre rimedio.

Altri emendamenti tendono ad affermare l'incompatibilità secca tra il possesso di patrimoni di straordinaria rilevanza, idonei ad alterare le regole della concorrenza e del mercato e la titolarità di una carica di Governo o, alternativamente, l'istituzione di un "trust" realmente cieco, nel quale conferire non i patrimoni (soprattutto quelli mobiliari) bensì il ricavato della loro liquidazione, come puntualmente specificato nel programma dell'Unione.

Senza questi ed alcuni altri cambiamenti introdurremmo una legge dura con i deboli e morbida con i forti; una legge che costringerebbe un normale imprenditore o un professionista a chiudere definitivamente la propria attività, per poter accedere ad una carica di Governo, ma che, al tempo stesso, lascerebbe aperte scorciatoie inammissibili in favore di poche centinaia di persone, di quelle persone che realmente influenzano l'economia e l'informazione nel Paese, consentendo loro di conservare intatto il patrimonio, di conferirlo in un "trust" con un "trustee" di propria nomina e di propria esclusiva fiducia ed addirittura di beneficiare anche di un regime fiscale agevolato.

Senza queste modifiche l'intervento legislativo non sarebbe idoneo a fornire le risposte necessarie ad assicurare una reale e rigorosa separazione degli interessi rispetto ad una persona che contemporaneamente si trovi al Governo del Paese ed a capo di attività e di iniziative imprenditoriali di rilevanza nazionale.

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