venerdì 9 gennaio 2009

Giuseppe Fava: un giornalista d'altri tempi


Vorrei ricordare Giuseppe Fava anche se con qualche giorno di ritardo dal venticinquesimo anniversario dalla sua morte. Egli è stato un giornalista e uno scrittore, un intellettuale e un martire della mafia. Venne assassinato il 5 gennaio 1984. Ricordiamo un grande uomo famoso per le sue battaglie contro la corruzione nella vita civile e politica italiana.
Era diventato un bersaglio da colpire perché insieme a pochi altri, non si stancava di denunciare gli illeciti, le corruzioni diffuse, gli intrecci, le relazioni pericolose. Non lo faceva in modo generico ma indicando nomi e cognomi, senza farsi condizionare dalle logiche della vicinanza, della presunta appartenenza, delle convenienze.
Fu ammazzato perchè era diventato scomodo per tanti, persino all’interno della professione era sopportato, considerato un “malato di protagonismo”, la stessa accusa che oggi viene rivolta ai Roberto Saviano e a quanti osano ribellarsi al conformismo imperante. Fava scriveva nel 1983, molti di quei lazzaroni sono ancora al loro posto, Gelli pontifica dalle tv, gli uomini della P2 sono onorati e riveriti, il presidente del consiglio in carica era un socio della loggia.
Tra i tanti modi per ricordare Pippo Fava, e tanti altri colleghi e colleghe, ci convince molto una proposta avanzata da Peter Gomez (giornalista rigoroso e sensibile a questi temi), di promuovere una sorta di riconoscimento pubblico da assegnare ogni anno al cronista “che fa i nomi e i cognomi”. Pippo Fava, Peppino Impastatao, Beppe Alfano, Giovanni Spampanato, Giancarlo Siani, per fare solo qualche nome, furono ammazzati non perché inseguivano lo scoop della vita, ma perché collegavano i fatti, nominavano le persone, indicavano le connessioni, facevano i cronisti. Sono stati ammazzati perché esercitavano nel modo più vero il mestiere del cronista.
Questi sono i modelli professionali che dovrebbero essere considerati “normali ed ordinari”, gli altri dovrebbero invece essere considerati una infelice anomalia, una degenerazione della professione giornalistica. Esattamente come un amministratore corrotto dovrebbe essere considerato una metastasi grave della politica. L’osservatorio sul rapporto tra media e mafie (e che ci auguriamo possa diventare immediatamente operativo), fortemente voluto dalla FNSI, dal suo presidente Roberto Natale, dal segretario Franco Siddi, dal consigliere Alberto Spampinato, può rappresentare l’occasione per promuovere questa iniziativa, alla quale ha già dato il suo consenso, non solo Peter Gomez, ma anche Roberto Morrrione portavoce dell’associazione Libera.
Per fortuna non mancano tra gli esempi i cronisti che hanno raccolto l’eredità di Pippo Fava. Pensiamo a Lirio Abbate, alle ragazze e a i ragazzi di Libera Informazione, a Rino Giacalone, a Riccardo Orioles, a Rosaria Capacchione, a Raffaele Sardo, a Saverio Lodato, a Pippo Maniaci, a tanti altri. Tra questi vorremmo ricordare Enzo Palmesano e il piccolo gruppo di cronisti che lavora nel casertano, circondato da mille ostilità, eppure capace di continue, quotidiane denunce. Forse il primo riconoscimento ai cronisti che fanno nomi e cognomi si potrebbe dare proprio a Enzo Palmesano e ai suoi colleghi che operano in quella realtà.
Caro Giuseppe, giornalisti come te con il tuo coraggio, con la tua professionalità e la tua onestà morale ci mancano moltissimo. Credici.

Rebecchi Lorenzo
3470900421

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